Se il ballottaggio per la presidenza del Brasile venisse vinto da Jair Bolsonaro, candidato dell’estrema destra esplicitamente razzista, sessista e omofobo, non saranno solo i brasiliani a pagarne le conseguenze, ma il mondo intero.
Perchè? Perchè le sue note idee sull’ambiente sono estremamente preoccupanti per il futuro della Terra.
Bolsonaro ha infatti ventilato l’ipotesi di ritirare il Brasile dagli accordi di Parigi, di voler abolire il ministero dell’ambiente incorporandolo a quello dell’agricoltura e vuole dare spazio alla coltivazione della soia e all’allevamento togliendo ogni vincolo alla coltivazione in territorio dell’Amazzonia, l’unico polmone verde del pianeta. E se non bastasse, vuole revocare ogni diritto sulla terra ai popoli indigeni.

Il Brasile sta attraversando una grave crisi economica e finanziaria, per cui le preoccupazioni sulla tutela dell’ambiente risultano di minor importanza. Jair Bolsonaro promette di dare il via libera allo sfruttamento dell’Amazzonia, aprendo addirittura le porte della regione amazzonica all’espansione dell’industria agroalimentare e dei ricchi proprietari terrieri, favorendone gli interessi economici.
Al contrario di Trump Bolsonaro non ha un atteggiamento negazionista, ma «accetta che il clima stia cambiando pericolosamente.CHN gli ha chiesto proprio questo durante una conferenza stampa ad aprile e ha detto che la soluzione era nel tenere sotto controllo la crescita della popolazione umana mondiale» spiega Fabiano Maisonnave, corrispondente da Manaus di Climate Home News.

La Foresta Amazzonica è la più grande foresta del mondo e assorbe enormi quantità di anidride carbonica. Il suo impatto sul ciclo dell’acqua e del carbonio è inimmaginabile. Fino ad oggi le riserve degli indios, i veri proprietari del Brasile,hanno protetto la foresta e la biodiversità che ospita. Nonostante i continui attacchi dei fazendeios e dei taglialegna abusivi, all’interno dei territori indigeni c’è stata solo il 2% della deforestazione della foresta pluviale.
Ma Bolsonaro vuole aprire le terre ancestrali indigene alla devastazione, scavalcando apertamente i diritti degli indigeni, tutelati dalla legge. L’articolo 231 della Costituzione brasiliana del 1988 afferma che le popolazioni indigene hanno «diritti originari sulle terre che hanno tradizionalmente occupato», anche se la terra appartiene allo Stato e gli indios non hanno diritti di proprietà sui minerali.
Seppur la situazione dello stato da tempo non sia mai stata rosea, comunque erano stati messi dei freni alla deforestazione. Ma da due anni a questa parte, con il ritorno dei conservatori al potere, la tendenza si è invertita.
Lo storico Jean-Baptiste Fressoz ha messo in guardia i lettori contro “l’affermazione globale di un nuovo asse autoritario e negazionista del riscaldamento globale” di cui farebbero parte Bolsonaro e Trump, ma anche il presidente filippino Ricardo Duterte, i populisti polacchi, l’estrema destra tedesca e i sostenitori della “Brexit dura” nel Regno Unito.
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